Un giorno tre ragazzi, Manuel, Chiara e Giulia, giocavano a palla a volo su una sporgenza dei monti Tifatini che sovrastano la città di San Prisco. Stanchi si sedettero sotto un albero tranne Giulia che lanciava la palla in alto per poi riprenderla quando questa rotolò giù dal dirupo. Lei guardò verso il basso e si accorse che la palla era stata fermata da un sasso di grossa dimensione. Mentre cercava di prenderla, scivolò giù lanciando un grido ma gli amici non si azzardarono a seguirla perché capirono che da soli non sarebbero riusciti a salvarla.
Giulia urlò di nuovo. All’improvviso si sentì abbaiare un cane che aveva una corda di una vecchia altalena disfatta in bocca, ben salda tra i denti. Manuel prese la corda e la lanciò verso l’imprudente compagna poi aiutato la tirò su invitandola a posizionare bene i piedi e a darsi delle spinte. L’impresa riuscì e dopo la paura i ragazzi diressero lo sguardo sul cane.
Era di media altezza ma non si riusciva a capirne la razza. Macchioline su uno sfondo bianco davano il colore al suo pelo che appariva trascurato. Gli occhioni languidi si spostavano ora su uno ora sull’altro e così Manuel comprese che era stato abbandonato. Decise di badare a lui chiamandolo Chimney e pensò di portarlo a casa sua.
Colmi di felicità si avviarono verso la città quando inaspettatamente caddero in un pozzo. Per fortuna il cane era più distante e così corse a chiamare aiuto. Appena arrivato alla Centrale di polizia però si rese conto che nessuno lo capiva a parte gli altri animali. Allora rubò la ciambella a un poliziotto che lo inseguì.
Chimney lo condusse fino al pozzo, abbaiando e muovendo la testa, gli fece vedere il problema. Il poliziotto calmò i ragazzi spaventati e stremati e chiamò i rinforzi che li tirarono fuori.
Il poliziotto ricordò loro che non ci si avventura da soli in montagna e che se l’avventura era finita bene dovevano ringraziare l’eroe Chimney, lodato e coccolato da tutti.